Risvegliare l'intelligenza è il solo rimedio per prevenire la guerra,
ma per far questo bisogna essere noi stessi liberi.
Resa incondizionata all'intelligenza e all'amore
Krishnamurti:scritti.
All'inizio degli anni cinquanta, a Krishnamurti fu chiesto perché pensava che la crisi del mondo a quel tempo
fosse
eccezionale.
Egli fornì tre
ragioni. Innanzitutto, perché i conflitti mondiali non vertevano su questioni
territoriali o economiche, ma sulle idee, e le ideologie erano gli assassini più crudeli che
avrebbero fatto o richiesto qualunque sacrificio per la causa dei loro ideali
da chimera. Secondo, perché l'uomo e il valore della vita umana avevano cessato
di essere importanti per le guide politiche del mondo, le quali potevano
considerare con equanimità la distruzione di milioni di persone se vi trovavano
qualche vantaggio politico. Terzo, a causa del valore e dell'importanza esagerati che l'uomo dava
ai beni materiali e a fedeltà particolariste, poiché una tale attitudine mentale era alla base della violenza
umana e dell'odio.
Queste
circostanze, disse Krishnamurti, costituivano una crisi senza precedenti che richiedeva una
soluzione senza precedenti: nulla di meno che una rivoluzione psicologica, un
cambiamento fondamentale nella mente e nella natura umana.
Rivoluzione è un termine chiave nella filosofia di Krishnamurti.
Ciò che le persone generalmente chiamano rivoluzione, egli
affermò, è semplicemente continuità modificata, per quanto sangue venga sparso
e per quanta sofferenza si incontri a causa di ciò. Le rivoluzioni che
coinvolgono cambiamenti nei sistemi politici inevitabilmente falliscono,
"perché un sistema non può trasformare l'uomo; è sempre l'uomo a
trasformare il sistema come mostra la storia".
La graduale riforma politica, in quanto distinta dalla
rivoluzione, è anch'essa inutile perché la riforma ha sempre bisogno di un'ulteriore riforma ed è un processo
senza fine,
"come cercare di ripulire l'acqua di un serbatoio che viene costantemente riempito di acqua sporca". La rivoluzione basata su
credi religiosi e dogmi deve anch'essa fallire perché coinvolge l'esercizio dell'autorità
e il diniego della libertà, generando così conflitto sia nell'individuo che nella società
il che rende la confusione soltanto peggiore. Così la rivoluzione stessa è una
chimera? E' irrealistico cercare il cambiamento?
Dovremmo accettare la natura non rigenerata dell'uomo e lasciare la questione a Dio, vivendo nel frattempo una vita
morale ed onesta per quanto possibile, date le circostanze?
Naturalmente, Krishnamurti non ha mai proposto una tale attitudine rassegnata e negativa.
Egli credeva che una rivoluzione non è soltanto essenziale, ma anche possibile.
Non minimizzava il problema. In effetti egli affermò che "i nostri
problemi -sociali, ambientali, politici, religiosi - sono così complessi che
possiamo risolverli soltanto con l'essere semplici... Questi problemi richiedono un nuovo approccio; ed
essi possono essere avvicinati così, soltanto quando siamo semplici, realmente semplici interiormente."
Questa semplicità non è ingenuità o stupidità, ma il liberare la
mente da tutte le idee e dalla cosiddetta conoscenza che blocca la diretta
percezione ed esperienza della realtà.
"La nostra struttura sociale è
molto intellettuale; egli scrisse, "coltiviamo l'intelletto a spese di ogni altro fattore del nostro essere e perciò stiamo
soffocando di idee."
I problemi, comunque, non cedono all'attacco delle idee, perché le idee ci impediscono di vedere un problema
nella sua totalità e in tutte le sue ramificazioni.
E'
soltanto quando c'è un
tale vedere e una tale comprensione che avviene il cambiamento e questo
coinvolge l'essere
semplici nel senso inteso da Krishnamurti.
1975
Il pensiero ha costruito
questa civiltà dell'aggressione, della competizione e della guerra, e tuttavia
questo stesso pensiero é sempre alla disperata ricerca dell'ordine e della
pace.
Ma il pensiero, per quanti
sforzi faccia, non troverà mai l'ordine e la pace.
Il pensiero deve tacere perché
l'amore sia.
Domanda: com'è
possibile risolvere l'attuale caos politico e la crisi mondiale ???
Vi è qualcosa che l'individuo possa fare per impedire la guerra incombente???
Krishnamurti: la guerra è la proiezione spettacolare e sanguinosa della nostra vita di tutti i giorni: non è così?
La guerra non è che l'espressione esterna del nostro stato interiore, è una dilatazione della nostra azione quotidiana. é più spettacolare, è più sanguinosa e più distruttiva, ma è il risultato collettivo delle nostre attività individuali.
Perciò, voi ed io siamo responsabili della guerra e, che cosa possiamo fare per fermarla?
Vi è qualcosa che l'individuo possa fare per impedire la guerra incombente???
Krishnamurti: la guerra è la proiezione spettacolare e sanguinosa della nostra vita di tutti i giorni: non è così?
La guerra non è che l'espressione esterna del nostro stato interiore, è una dilatazione della nostra azione quotidiana. é più spettacolare, è più sanguinosa e più distruttiva, ma è il risultato collettivo delle nostre attività individuali.
Perciò, voi ed io siamo responsabili della guerra e, che cosa possiamo fare per fermarla?
Ovviamente, la guerra che sempre incombe, non potrà essere impedita da voi o da me, perché è già in movimento, ha già luogo, sebbene, per il momento, prevalentemente a livello psicologico.
Poichè è già in movimento, non la si può fermare: i problemi sono troppi, troppo grandi e già compromessi.
Ma voi ed io, vedendo che la casa è in fiamme, possiamo comprendere la causa dell'incendio, allontanarcene e costruire in luogo nuovo, con materiali diversi ed incombustibili, che non produrranno altre guerre.
E' tutto ciò che possiamo fare.
Voi ed io possiamo vedere che cosa crei le guerre, e se abbiamo interesse a porvi fine, possiamo cominciare col trasformare noi stessi, che siamo la causa stessa delle guerre.
Possiamo controllare le circostanze, perché le abbiamo create noi.
La società è il prodotto della relazione, della vostra e della mia insieme. Se mutiamo nel nostro rapporto, muterà la società; contare puramente sulla legislazione, sulla costrizione, sulla trasformazione della società esteriore, restando internamente corrotti, continuando internamente a perseguire il potere, la posizione, il dominio, significa distruggere l'esterno, per quanto esso sia stato costruito accuratamente e scientificamente. Ciò che è all'interno travolgerà sempre l'esterno.
Che cosa causa la guerra: religiosa, politica o economica?
Ovviamente la fede, o nel nazionalismo, o in un'ideologia, oppure in un dogma
particolare. Se non avessimo fede ma buona volontà, amore e considerazione
l'uno per l'altro, non vi sarebbero guerre. Ma siamo nutriti di fedi, idee e
dogmi, e perciò alleviamo lo scontento.
Ovviamente ciò che
causa la guerra è il desiderio di potere, di prestigio, di denaro; e anche la
malattia chiamata nazionalismo, l'adorazione di una bandiera, e la malattia
dell'organizzazione religiosa, l'adorazione di un dogma.
Tutte sono cause di guerra; se tu, come individuo , appartieni a qualcuna delle
religioni organizzate, se tu sei avido di potere, se tu sei invidioso, sei
costretto a produrre una società il cui risultato sarà la distruzione.
Così, una volta di più, dipende da voi e non dai capi: non dai così detti uomini di stato e così via. Dipende da voi e da me, ma sembra che non ci se ne renda conto. Se almeno una volta sentissimo realmente la responsabilità delle nostre azioni, come rapidamente porremmo termine a tutte le guerre, a questa miseria atroce! Ma ecco, siamo diversi. Abbiamo tre pasti al giorno, abbiamo il nostro lavoro, i conti in banca, piccoli e grandi, e diciamo: "per amor di dio, non ci disturbate, lasciateci in pace".
Quanto più siamo in alto,
quanto più ci occorre sicurezza, intoccabilità, tranquillità, tanto più
vogliamo esser lasciati soli, mantenere le cose come stanno; ma come stanno non
potranno rimanere, perché nulla vi è che le mantenga, e tutto si disintegra.
Non vogliamo affrontare queste cose, non vogliamo accettare il fatto che voi ed
io siamo responsabili delle guerre. Voi ed io possiamo parlare di pace, tenere
conferenze, sedere intorno ad un tavolo e discutere, ma all'interno,
psicologicamente, vogliamo il potere e la posizione, è l' avidità che ci
spinge.
Intrighiamo, siamo nazionalisti, siamo legati a fedi e a dogmi, per i
quali siamo pronti a morire e a distruggerci l'un l'altro.
Pensate che uomini
come voi e io posso avere la pace nel mondo? Per avere la pace, dovrete essere
in pace; vivere in pace significa non creare antagonismi. La pace non è
un'ideale.
Secondo me un ideale non è altro che una via di fuga, un'evitare ciò
che è, un contraddire ciò che è. Un ideale impedisce l'azione diretta su ciò
che è. Per avere la pace dovremo amare, dovremo cominciare non col vivere una
vita ideale, ma col vedere le cose quali sono ed agire su di esse,
trasformarle.
Finché ciascuno di noi perseguirà la sicurezza psicologica, la
sicurezza fisiologica di cui abbiamo bisogno, - cibo veste riparo - verrà
distrutta.
Possediamo la sicurezza psicologica, che non esiste; e la perseguiamo, se lo
possiamo, mediante il potere, la posizione, i titoli, i nomi: e questo
distrugge la sicurezza fisica. Tutto ciò è ovvio, se lo guardate bene.
Per portare la pace nel mondo, per porre fine a tutte le guerre, occorre una rivoluzione entro l'individuo, in voi ed in me. La rivoluzione economica non ha significato senza questa rivoluzione interiore, poiché la fame è il risultato dello scarso assestamento delle condizioni economiche determinato dai nostri stati psicologici: avidità, invidia, cattiva volontà, voglia di possedere.
Per
porre fine all'angoscia, alla fame, alla guerra, occorre una rivoluzione
psicologica e pochi di noi sono pronti ad affrontarla.
Parleremo di pace, proteggeremo leggi, creeremo nuove leghe, le nazioni unite e così via, e così via; ma non otterremo la pace, perché non abbandoneremo la nostra condizione, la nostra autorità, il denaro, la proprietà, la nostra stupida vita. Contare sugli altri è assolutamente futile; gli altri non ci porteranno la pace.
Nessun capo ci darà la pace, nessun governo, nessun
esercito, nessun paese.
Ciò che porterà la pace è una trasformazione interiore
che comporterà un'azione esteriore.
La trasformazione interiore non è
l'isolamento, non è ritirarsi dall'azione esterna.
All'opposto, vi può essere
azione retta soltanto quando vi è retto pensare, e non vi sarà retto pensiero
se non vi sarà conoscenza di se.
Senza conoscere noi stessi, non vi sarà pace.
Senza conoscere noi stessi, non vi sarà pace.
Per porre fine alla guerra esteriore, dovremmo cominciare a porre fine alla guerra dentro noi stessi.
Qualcuno, fra noi, assentirà dicendo "sono d'accordo", e uscirà di qui facendo esattamente la stessa cosa che ha sempre fatto da dieci o venti anni.
Il vostro accordo è puramente verbale e non
ha significato, poiché le miserie e le guerre del mondo non verranno certo
impedite dal vostro annuire casuale.
Vi porrete fine soltanto quando vi renderete conto del pericolo, vi renderete conto della vostra responsabilità, quando non la lascerete a qualcun'altro. Se vi renderete conto della sofferenza, se vedrete l'urgenza di un'azione immediata e non rimanderete, allora vi trasformerete; la pace verrà soltanto quando voi stessi sarete in pace col vostro vicino.
Vi porrete fine soltanto quando vi renderete conto del pericolo, vi renderete conto della vostra responsabilità, quando non la lascerete a qualcun'altro. Se vi renderete conto della sofferenza, se vedrete l'urgenza di un'azione immediata e non rimanderete, allora vi trasformerete; la pace verrà soltanto quando voi stessi sarete in pace col vostro vicino.